Il nostro Paese è bellissimo ma, se dobbiamo programmare una vacanza, preferiamo immaginarci all’estero. Siamo esterofili.
Questione di curiosità? Forse. Anche se qui, a livello paesaggistico, culturale, gastronomico, non manca nulla. Nemmeno la varietà. Ogni regione, ogni città, racchiude peculiarità che spesso le fanno sembrare un paese a sé stante. Luoghi di cui la maggior parte di noi spesso non ne conosce nemmeno l’esistenza.
E allora cosa ci attira “fuori” invece di tenerci “dentro” al nostro territorio?
Prima cosa i prezzi.
Spesso una vacanza all’estero costa meno di una in Italia. Se si programmano per tempo, anche gli spostamenti su distanze medio lunghe diventano appetibili.
Secondo punto l’offerta.
Il nostro Paese fa del territorio, dei beni culturali e del turismo tratti fondamentali della sua identità economica e culturale. Eppure non è in grado di mettere insieme un’offerta allettante per i turisti che vengono dall’estero e ancor meno per i nazionali. I turisti da noi, come ha argutamente osservato Mafe De Baggis, sono considerati portatori di reddito e non ospiti, sono visti come dei “portafogli con le gambe”.
Terzo: la poca conoscenza di quello che il nostro territorio può offrire.
Quanto conosciamo del nostro territorio? Si dice che un abitante di Roma, anche se vivesse in città per 80 anni non riuscirebbe a conoscerla tutta. Ma non è solo un problema di grandezza del territorio. Piuttosto di comunicazione.
Secondo Giuliano Noci negli ultimi 20 anni abbiamo incrementato la spesa di promozione turistica, ma lo abbiamo fatto molto male. Al posto di sostenere la destinazione Italia, si è preferito frammentare la promozione in una visione strettamente territoriale e locale, cosa che non ha alcuna attrattiva per i turisti che vengono da paesi lontani.
E per quelli locali? Minimi se non nulli gli investimenti in questo senso. Eppure la promozione locale potrebbe essere un mezzo fortemente consigliato per parlare anche con chi il territorio lo vive.
Il periodo di chiusura forzata imposto dall’arrivo del Corona-virus sembrava potesse far cambiare le cose e portarci a riscoprire il nostro territorio. Si poteva raccontare la città ai propri abitanti e poi raccontare il territorio circostante, fare un’azione di marketing territoriale dedicata sia a chi vive in Italia, sia a chi abita il territorio. Purtroppo così non è stato.
Anche se qualche eccezione interessante l’abbiamo trovata.
Il sindaco di Milano Beppe Sala ha prodotto una serie di video pillole sui social dove racconta la città. Il Comune di Cremona ha sostenuto insieme al Museo del Violino le audizioni all’aperto, dove Lena Yokoyama ha suonato in alcuni luoghi simbolo della città come il tetto dell’Ospedale Maggiore e in cima al Torrazzo. Palazzo Ducale di Genova ha riunito le grandi opere d’arte legate alla città, sparse nel mondo, in una mostra virtuale dal nome evocativo La mostra che non c’è. E per chi vuole tornare a vedere le mostre dal vivo 5 minuti con Monet a tu per tu con le Ninfee, una visita per ammirare in totale solitudine all’interno dell’Appartamento del Doge le Ninfee per cinque indimenticabili minuti.
Cosa ci insegna tutto questo? Che non dobbiamo pensare al turista come a un extraterrestre. Che non dobbiamo accontentarci dei 3 giorni e mezzo, tempo medio che dedica a tutto il nostro paese un turista straniero.
Dobbiamo creare valore per fare in modo che il cittadino si trasformi in turista dentro il proprio territorio e ritrovi la voglia di scoprire ogni angolo di Italia.