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(aggettivo) Ciò che merita di essere fotografato per essere pubblicato e condiviso sui social
Parola nuova, un neologismo oramai entrato di forza nel linguaggio della comunicazione e del marketing. Inutile dire che derivi dall’altrettanto nuovo verbo inglese “to instagram”, instagrammare.
Con instagrammabile si definisce un’immagine che non solo merita di essere pubblicata sul social network, ma che scatenerà, con ogni probabilità, una reazione da parte degli utenti che la troveranno nei loro scroll.
Non basta quindi che sia uno scatto ben fatto, una bella foto. Per essere instagrammabile una foto deve proporre un racconto, una storia. E deve riuscire a farlo immediatamente. Il racconto, o l’argomento suggerito, deve essere fulmineo e di facile comprensione, deve essere capace di creare istantaneamente l’empatia che porta con altrettanta velocità a condividerla e riproporla.
Instagrammabile ha quindi assunto un valore intrinseco a se stante, ben definibile, non più solo specifico per gli utenti di instagram. Oramai la necessità di essere instagrammabile è un mantra anche nella comunicazione. Anzi è diventato un elemento essenziale del marketing.
Cosa ovvia, visto che fa inevitabilmente parte della comunicazione social. Ma forse è anche qualcosa di più. Instagrammabile ha ampliato il significato della experience economy.
Non è una cosa nuova. L’economia dell’esperienza, cioè la possibilità di rendere l’esperienza stessa il prodotto da vendere, passando dal materiale all’immateriale, esisteva già negli anni Novanta. Ma oggi, grazie ai social, si è trasformata in una vera e propria industria dedicata, fatta di consulenze nel design dei social media per consigliare ai clienti come rendere i loro prodotti, i loro progetti il più condivisibili possibile.
È la rivoluzione della “smartphone generation”. Dall’arredo dei locali, alla progettazione di oggetti, dal packaging, all’uso, ai colori, al design, sono tutti requisiti scelti e selezionati per essere utilizzati per rendere i luoghi e gli oggetti funzionali al mondo dei social network.
Anche l’architettura dei nuovi palazzi e dei nuovi quartieri non può esimersi dall’essere prima di tutto un bene immateriale, una experience, appunto, fotografabile e condivisibile.
Le aziende e i brand hanno capito bene le regole dell’experience economy. Punti vendita, immagini prodotti, uso di influencer altro non sono che moderne installazioni funzionali a permettere all’utente di scattare foto da postare sui social network, taggare il brand che li ha creati e mettere gli hashtag suggeriti per essere condivisi e conosciuti da quanti più utenti possibile.
L’experience economy è anche estremamente egualitaria e democratica. Le sue regole sono facilmente accessibili a tutti e possono permette anche al venditore ambulante di panini o alla piccola bottega di farsi conoscere da una più ampia fetta di mercato.