Il riscaldamento globale minaccia anche la nostra tavola

Anche l’agricoltura si trova ad affrontare gli effetti del riscaldamento globale: molti prodotti soffrono il cambiamento climatico, ma nel futuro potremmo addirittura dover dire addio a cibi e bevande. Ne parla la rivista ecologista americana Good, in un articolo dal titolo provocatorio “Otto cibi di cui dovresti fare una scorta, prima che i cambiamenti climatici te li portino via”.

Del pane solo il profumo. Caldo, inondazioni e incendi hanno, nell’ultimo anno, danneggiato i raccolti di cereali provocando il quasi raddoppio dei prezzi. Gli esperti sostengono che nei prossimi 20 anni pochissime grandi compagnie monopolizzeranno il mercato del grano e che il pane potrebbe costare il 90% in più.

Solo per gli dei. Il cioccolato è oggi uno degli alimenti più amati, ma potrebbe tornare a essere un cibo pregiato ed esclusivo. I maggiori produttori di cacao sono il Ghana e la Costa d’Avorio, paesi fortemente minacciati dal surriscaldamento climatico. Se questa materia prima diventasse un bene di lusso, riservato a pochi eletti, l’economia di questi paesi fortemente legata al cacao potrebbe subire un tracollo disastroso.

Quell’irrinunciabile aroma di caffè. L’aumento del costo della materia prima, che le grandi compagnie statunitensi hanno tradotto in +25% alla vendita, sembra sia imputabile proprio alla global warming. Brasile, Vietnam e Africa, i tre principali paesi produttori di caffè, sono infatti anche i maggiormente colpiti dalle temperature sempre più elevate.

Un aperitivo senza… Tra gli alimenti a rischio anche le arachidi. L’estate troppo calda e arida nei paesi meridionali produttori, portano a credere che anche le noccioline americane potrebbero entrare nell’elenco dei cibi inaccessibili.

Meno miele. Il caldo afoso, l’aumento del numero di incendi boschivi e la crescita della superficie totale percorsa dalle fiamme ha tolto alle api la voglia di volare mettendo a forte rischio la produzione di miele. Possiamo solo sperare nell’incredibile capacità di adattamento delle api.

Meno uva (e quindi il vino), Bourbon e Tequila. L’innalzamento delle temperature porterà a una diminuzione notevole dei vigneti un po’ in tutto il mondo. La soluzione si potrebbe trovare nell’individuare nuove aree per la coltivazione delle viti, una eventualità che potrebbe mettere a serio rischio la pregiatissima produzione italiana.

Anche nel caso del Bourbon le riserve destinate all’invecchiamento potrebbero essere spostate in altri territori degli Stati Uniti. Ma questo determinerebbe la sparizione del Kentucky Bourbon, whiskey invecchiato per almeno un anno proprio in Kentucky dove il suo clima conferisce un particolare aroma e il colore ambrato.

La fine della Tequila è invece piuttosto concreta. Le piantagioni nel nord del Messico di agave, pianta da cui si ricava il distillato, sono state fortemente colpite dalla siccità. I coltivatori e il governo potrebbero quindi trasformare i campi a mais, da cui ricavarne biocarburante… lasciando a bocca asciutta gli amanti della più celebre tra le bevande messicane.

Forse le stime fatte da Good sono un po’ catastrofiche. Certo non vedremo sparire sulle nostre tavole, da un giorno con l’altro, questi prodotti; ma l’aumento dei prezzi, motivato o causato per speculazione, si sta già facendo sentire.