Quanta frutta nelle bibite col nome di frutta?

La legge che impone l’aumento della percentuale di succo al 20% nelle bevande a base di frutta e alle bevande senza succo (cioè solo aromatizzate agli agrumi) è passata un po’ in sordina.
Ma è passata.

Dovremmo essere tutti contenti, perché d’ora in poi quando al bar chiederemo una aranciata, la bevanda che andremo a consumare conterrà almeno il 20% di succo di arancia.

Tuttavia dai produttori, Assobibe (Associazione Italiana tra gli Industriali delle Bevande Analcooliche) e Mineracqua (Federazione Italiana delle Industrie delle Acque Minerali Naturali, delle Acque di Sorgente e delle Bevande Analcooliche) arriva una levata di schudi.

La motivazione? Le bevande di fantasia, cioè quelle bevande il cui gusto e aroma deriva dal loro contenuto di essenze di agrumi e non dal succo, potrebbero scomparire.
Niente più Fanta, aranciata San Pellegrino, Sprite e 7Up (che hanno aromi di limone), toniche come Kinley al limone o Schweppes al pompelmo, bevande energetiche e acque aromatizzate. In queste bevande attualmente la frutta presente è spesso in quantità inferiore al 12 per cento, perché non erano richieste dosi minime.

La richiesta di portare al 20% la presenza minima di succo, secondo i produttori, snaturerebbe il sapore del prodotto e non piacerebbe più al consumatore. Alessandro Magnoni di Coca Cola Ellenic, spiega che per la Sprite, ad esempio, è impossibile portare il limone al 20% perché diventerebbe imbevibile.

Meglio il gusto o la qualità del prodotto?